Il nuovo romanzo della Saga di Carne

Epilogo degli epiloghi, o inizio di una nuova epopea, che ha al centro l'agnizione di Carne, Fleshback (rezma-tarijn, ovvero "carne tornante" nell'antica lingua di Shitland) intende dimostrare che salvezza e perdizione non sono che due facce della stessa medaglia.

sabato 12 febbraio 2011

Some problem pertaining to the branch of metaphysics which is concerned with existence and the nature of being, about some characters of the tale

Per controllare meglio la faccenda, Jason aveva fissato la camera n.164 del Ritz, proprio a fianco della 165, prenotata da Bastoni. Mentre Isa De Culo e Bastoni salivano in ascensore, Stanz e Venkmann, entrambi coricati sul letto matrimoniale della 165, discutevano della faccenda.
"Allora d'accordo? Tu spari a Bastoni e io prendo la donna"
"No, si era detto che IO prendevo la donna"
"Si era detto? Chi l'ha detto?"
"Non ti ricordi?"
"Perchè rispondi a una domanda con un'altra domanda?"
"... e tu non hai fatto lo stesso?"
"Fanculo, Venkmann!"
"Fanculo tu".

Intanto, nella 164 Jason Spengler controllava nei piccoli monitor del computer l'andamento della vicenda. Grazie ad alcune microcamere installate da una cameriera compiacente, poteva osservare l'evolversi degli eventi e intervenire in caso di necessità. Se invece fosse andato tutto liscio, lui se ne sarebbe rimasto tranquillamente in camera fino a cose finite, lasciando a quei due cretini tutti i rischi legati al rapimento, al trasporto e all'occultamento di Mrs. De Culo.
Non sarebbe stato facile trasportare la donna fino in Italia, nella tenuta di Bastoni. L'area era stata identificata come luogo perfetto per nascondere l'ostaggio e farne un quartier generale dove condurre la trattativa per il riscatto.
Restava da decidere quale fosse la richiesta da formulare... lui aveva qualche idea, ma comunque sarebbero stati cazzi degli sceneggiatori.
Mentre osservava l'evolversi dei fatti, Spengler venne colto da improvvisi stimoli intestinali. Comprese che si trattava di un fatto rilevante, perché, comunque andasse la faccenda, la merda era pur sempre uno dei pilastri su cui si reggeva l'intera architettura narrativa, era un materiale assai presente in tutta la storia, e quindi un improvvisa impellenza a defecare non poteva essere liquidata come una semplice e sigenza corporale. Il suo basso ventre ebbe due o tre contrazioni violente, dovette precipitarsi sul water.
Perfino per scrittori abili come noi, capaci di descrivere le più ineffabili sfumature delle vicende e abili nel prospettare al lettore l'intensità a le molteplici sfaccettature che caratterizzano ogni singolo accadimento, risulta difficile descrivere ciò che avvenne nel bagno della stanza n. 164 del Ritz quel sabato sera. C'è forse nel nostro inconscio una sorta di defecazione archetipica, una sorta di estrusione perfetta di escrementi, durante la quale la deiezione diviene un fatto altamente gratificante. La fisiologia trascende se stessa e l'atto appare come metafisico, risolutore di ben altri conflitti, oltre a quello che ci pone di fronte al dilemma anale, all'alternativa tra il cedere e il trattenere.  C'è quel piacevole senso di svuotamento totale, durante il quale l'escremento ha le dimensioni e la consistenza perfette; la sua coesione è sufficiente a farne un corpo unico, solido e ben formato, pronto ad uscire fluidamente dall'orifizio anale lasdciandolo perfettamente pulito, tanto che quasi non sarebbe necessaria alcuna pulitura successiva. La quantità e la qualità dell'escremento sono armonicamente commisurate al nostro bisogno di libertà intestinale.
Ebbene, Spengler in quel momento stava vivendo la cagata perfetta, cioè la realizzazione della pratica estrusiva portata alla sua sublime e canonica realizzazione, totalmente appagante e risolutiva.
Certo di scrivere una delle più belle pagine di questa nostra vicenda, Spengler compì tutto ciò in silente devozione, emetttendo soltanto qualche flebile ...mmhaahh... all'uscita di ogni scibale. Terminata la faccenda, come talvolta i defecatori usano fare, si girò per contemplare il risultato concreto di tanto magnificiente scarico, pronto a deliziarsi come di fronte ad una scultura di Moore o di Nazzaretto, pronto ad ammirare estatico come si guarda un aurora boreale o un arcobaleno. Ma purtroppo avvenne una cosa inspiegabile. Quando Jason Spengler guardò nel water, ESSO ERA VUOTO. Perfettamente pulito, profumato e intonso, con l'acqua trasparente e leggermente azzurrina, profumata di lisoformio e lavanda come l'aveva lasciato la solerte cameriera, la stessa che aveva piazzato le microspie in giro per l'albergo. Non vi era alcuna possibilità che gli escrementi fossero defluiti nelle tubature senza lasciare alcuna traccia. Per una volta, Jason fece una considerazione giusta: "forse non esisto", pensò.

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