Nella vicenda di cui si va ragionando, che ultimamente Myrddin ha opportunamente associato all'opera omerica, il tutto richiama, parallelamente, le commedie di Plauto*. In queste storie campeggiano equivoci, scambi di persone, fraintendimenti; le trame si ingarbugliano a tal punto che occorre inequivocabilmente scomodare il famoso deus ex machina, cioè una divinità, che scendendo nel mondo umano provoca una agnizione, un totale chiarimento dell’identità di ciascuno e di tutto il resto. Questo espediente letterario pare l'unico in grado di sanare tutti i malintesi e di rimettere tutto a posto senza che alcuno abbia da eccepire alcunché.
L'impianto plautiano è oggi più che mai evidente, soprattutto se si inquadra la vicenda nelle sue tipologie narrative, che sembrano riprese interamente ed acriticamente dal commediografo latino. Va ricordato infatti che l'opera plautiana viene convenzionalmente suddivisa in alcune categorie narrative: le commedie dei sosia, riguardanti gli scambi di persona e i temi dello specchio e del doppio;
le commedie dell'agnizione il cui epilogo prevede un riconoscimento improvviso ed imprevedibile dell'identità di un personaggio;le commedie della beffa, organizzate in scherzi e beffe, bonari o meno; quelle del romanzesco, dove compaiono i temi dell' avventura e del viaggio e le commedie dei Caratteri, contenenti una rappresentazione iperbolica ed esagerata di un personaggio.
La commedia composita infine, (categoria nella quale si vorrebbe includere l'epopea carniana) racchiude al suo interno uno o più elementi delle sopraccitate tipologie.
* Tito Maccio Plauto (255 – 184 a.C.) è stato un commediografo romano. Di origini umbre, venne in gioventù a contatto con il genere dell'atellana. Giunto a Roma, divenne autore e attore di commedie palliatae, e fu il primo tra gli autori drammatici latini a specializzarsi nel solo genere comico.
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